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La città nello sguardo dei piccoli

Sbarca anche nel Reatino l’interessante progetto della School of Architecture for Children, una scuola che insegna ai bambini a ripensare la città e il paesaggio

di David Fabrizi

Le città sono organismi vivi: non sono mai ferme e cambiano di continuo. In qualche caso crescono, in altri casi si trasformano. Sensibili ai segni dei tempi, alle mutazioni del costume, al succedersi degli stili di vita, gli ambienti urbani si modellano continuamente rispondendo alle spinte più varie: economiche ed ecologiche, politiche ed ideologiche, sociali e tecnologiche. Ogni cambiamento insegue il miglioramento, ma non sempre riesce a garantire parità di diritti tra tutti i cittadini. Spesso, anzi, le scelte favoriscono gli interessi delle categorie più forti a dispetto di quelle più deboli. Ecco allora

che l’occupazione commerciale riduce gli spazi comuni, che le periferie vengono trascurate rispetto al centro, che le automobili rubano spazio alle persone, che le barriere architettoniche ostacolano la libertà di movimento di molti.

Riequilibrare questi scompensi non è facile, perché spesso non vengono neppure percepiti come tali, perché il “così fan tutti” mette a tacere la razionalità, il diritto e il buon senso. Ma non per questo un’inversione di tendenza è impossibile. Solo non bisogna illudersi di ottenere tutto subito, ma lavorare in prospettiva. Per questo è importate educare lo sguardo a leggere la città per saperne cogliere la struttura e la forma, le funzioni e le disfunzioni. Una disciplina che si può acquisire anche da adulti, ma rende al massimo se iniziata fin da piccoli.

In quest’ottica si inserisce la Scuola di Architettura per Bambini che sabato prossimo debutta in città con un Open day in piazza Mazzini. Nata sul modello di un’esperienza vissuta a Favara, vicino Agrigento, riprende un modello che è stato già adottato in una trentina di città italiane, coinvolgendo architetti, designer, artisti e altri professionisti, nazionali e internazionali. L’iniziativa è promossa dall’associazione di promozione sociale Linea architettura-paesaggio, composta da giovani professionisti sotto i trent’anni con differenti formazioni e competenze. A dirigere il progetto della Scuola è l’architetto Marco Rosati, attivo sia come insegnante nella scuola pubblica che come professionista, con un’autentica passione da educatore che lo vede impegnato anche nel mondo ecclesiale tra gli Scout, come capogruppo di FSE Rieti 2.

«Il progetto – spiega – nasce dall’idea di coinvolgere i bambini in un processo di rigenerazione che guarda la città storica e contemporanea attraverso i loro occhi. Il primo passo è quello di insegnare ai piccoli la valenza storica di Rieti e di aiutarli a comprendere il paesaggio e i segni del tempo che si sono stratificati sul suo territorio. Lo scopo è quello di stimolare la creatività e la fantasia dei bambini, per condurli a immaginare lo spazio della città secondo le loro esigenze e la loro sensibilità». Ma non solo per restare nella dimensione del gioco o per un semplice esercizio teorico. L’obiettivo è infatti quello di consentire ai bambini di sviluppare la creatività e di fornire loro gli strumenti per operare nel realizzare progetti, con il loro coinvolgimento diretto, attraverso la guida di professionisti di diverse discipline.

«La Scuola – spiega ancora Marco – mira a stimolare la progettazione e l’azione, ad essere propositivi e risolutivi per un miglioramento della società, dello spazio pubblico, della città e del territorio. Gli obiettivi sono naturalmente a portata di bambino, ma non nascondiamo la speranza che uno sguardo sano, propositivo e inclusivo sul tessuto urbano si protragga rafforzandosi in loro fino all’età adulta, contribuendo a un consistente miglioramento della città». Una posizione in controtendenza rispetto all’inarrestabile esodo di giovani dal Reatino, una terra che molti di loro trovano troppo chiusa, asfittica nella mentalità e cronicamente priva di opportunità occupazionali, sociali, culturali.

Dal punto di vista pratico, le lezioni si terranno una volta alla settimana. Ai bambini saranno proposte delle lezioni laboratoriali con il metodo “impariamo facendo” e visite guidate in città e nella provincia per esperienze dirette sul territorio. «È importante – aggiunge Rosati – imparare a mappare i luoghi, cercare punti di riferimento e crearne di nuovi. Senza di essi è impossibile orientarsi nella città non solo geograficamente, ma anche mentalmente. Partiremo dai concetti più semplici, dall’idea che il tessuto urbano è composto da vuoti e pieni: questi ultimi sono gli edifici, edilizia più o meno storica, con la loro natura differenziata: residenziale, amministrativa, commerciale. I vuoti, gli spazi aperti, sono invece le strade, le piazze, i parchi. È importante imparare a cogliere la relazione tra queste due dimensioni e provare a sperimentare visioni e azioni esplorative su di esse. Tutto sempre cercando di leggere la realtà attraverso il punto di vista dei piccoli, dalla quota dei loro occhi».

Indubbiamente una città a misura di bambino è una città a misura di tutti. In una città, tanto i vuoti quanto i pieni debbono essere abitabili, vissuti, funzionali allo scambio e alla relazione. Lo spazio pubblico deve essere sicuro, garantire l’incontro, generare occasioni. «Una volta imparato a leggerla, è importante che i bambini si riconoscano nella città.

E dove mancano i necessari punti di riferimento saranno stimolati a crearne di propri. È a partire da un moto affettivo che si può pensare di rimodellare lo spazio urbano scegliendo soluzioni preferibili per il maggior numero di persone possibile». Come a dire che alla portata dei bambini c’è un approccio diverso, più onesto e libero di quello degli adulti, spesso dominato dall’interesse a un’utilità tanto immediata quanto miope.

«Oggi è di moda parlare di “rigenerazione urbana” non dimentichiamo che comprende una sfera importante: quella della “rigenerazione sociale”», dice ancora Marco Rosati. «È importante fare in modo che l’ambiente urbano rispecchi davvero le esigenze e i desideri della comunità. Si possono migliorare i contesti degradati solo se gli ambiti territoriali vengono vissuti, costruiti dalla comunità stessa, che si riconosce e ne cura gli spazi e gli usi.

Si può insomma partire dai piccoli per innescare qualcosa di più grande, che impegni le istituzioni, il mondo delle professioni, l’opinione pubblica. Vogliamo che durante l’anno facciano lezione ai bambini anche figure di riferimento importanti del mondo dell’architettura e dell’arte: docenti universitari, professionisti affermati, artisti. E in queste occasioni ci piacerebbe coinvolgere la città in modo più ampio con incontri e confronti di diversa natura. Siamo all’inizio ma è un punto sul quale stiamo lavorando senza perdere di vista la prospettiva: si parte dai bambini per arrivare a tutti».

L’Open day del 4 novembre in piazza Mazzini darà modo alla città di capire meglio il cuore del progetto.

L’appuntamento è dalle ore 15:00 alle ore 17:30. Per chi si iscriverà i laboratori si svolgeranno a seguire fino a giugno, una volta a settimana di pomeriggio.

Nel corso dell’anno verranno organizzate uscite didattiche sul territorio ed eventi pubblici come mostre dei lavori svolti dai bambini della scuola. Ma già quello del prossimo sabato si annuncia come un momento ricco di divertimento e propositivo. Uno stimolo a mettersi in gioco che non fa mai male.

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